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Obesità e società
Grasso è bello! Lo slogan tanto in voga specie negli Stati Uniti diversi anni fa è forse oggi poco attuale, o meglio lo è alle nostre latitudini. Ancora oggi infatti in alcune popolazioni o ceti sociali o addirittura in alcune razze permane una valutazione del soggetto ricco di grasso diametralmente opposta a quella della nostra società. Tutti sanno come negli stessi Stati Uniti le persone obese siano molte e assolutamente inserite nel contesto sociale, ma pochi sanno forse che la razza nera presenta nelle donne una percentuale di sovrappeso maggiore che nella razza bianca e che nell'uomo ciò è vero solo nell'età tra 35 e 50 anni.
In una popolazione di Indiani d'America, chiamati Pimas, esiste un'altissima percentuale di persone in sovrappeso ( 33.7 % per i maschi e 40.3% per le donne ) e questo riveste un titolo di grande prestigio nell'ambito della loro comunità. Già nell'infanzia l'obesità in tutte le popolazioni si manifesta con chiarezza anche in relazione al contesto familiare. Bambini obesi vengono spesso da genitori obesi e saranno adulti obesi sulla base di consuetudini legate al tipo di alimentazione e di abitudini di vita della famiglia stessa.
Addirittura l'obesità mostra una correlazione con la situazione sociale ed economica del soggetto. E' stato infatti dimostrato in uno studio su larga scala come questi fattori siano strettamente connessi con risultati opposti addirittura nei due sessi: negli uomini di fascia sociale elevata è maggiore infatti la presenza dell'obesità contrariamente a quanto succede per la donna dove nelle fasce sociali elevate l'obesità viene vista come uno spauracchio da evitare ad ogni costo ed impera lo status della donna alta, bella e magra con l'imperversare di ogni tipo di trattamento per il mantenimento della forma fisica.
Nei Paesi a sviluppo industriale più recente, per esempio, l'obesità va gradualmente aumentando di frequenza. Anche il tipo di vita legato alla sede di residenza e all'attività lavorativa sono importanti. Nelle zone di campagna per esempio l'obesità è più diffusa nelle donne che negli uomini anche se la sempre crescente meccanizzazione dell'attività agricola sta portando gli uomini verso un'attività più sedentaria e quindi ad un aumento dell'obesità.
In Italia i dati dell'ISTAT del 1991, mostrano come il massimo di prevalenza dell'obesità sia al sud, specie tra i 45 ed i 75 anni. Essa raggiunge il massimo nelle donne del sud di età avanzata, contrariamente a quelle giovani dove si registra invece la percentuale minima. (v.Tab.)
Sul piano strettamente sociale, le persone obese, che lo si voglia o no, difficilmente ottengono un impatto positivo nei rapporti umani. E' luogo comune che l'obeso sia meno attivo, meno volenteroso, meno efficace sul piano lavorativo, una persona nel complesso carente sotto il profilo caratteriale. E' tipico che l'obeso debba essere necessariamente "simpatico" per ottenere l'attenzione altrui ed evitarne il distacco. Le persone in questione sono di parere assolutamente contrario e si descrivono tutt'altro che poco attive ma da una recente indagine è emerso che solo una piccola parte dei loro medici curanti si sentono di confermare questa tesi.
Sul piano lavorativo è innegabile inoltre che esista nella nostra società una vera e propria discriminazione nei confronti di questi soggetti: si va dalla quasi impossibilità di essere assunti per esempio come commesse per il sesso femminile, in particolare nel campo dell'abbigliamento, all'assegnazione di territori di vendita meno competitivi per il sesso maschile. Addirittura in alcuni concorsi pubblici può essere considerato criterio di esclusione l'essere obeso o a volte anche semplicemente in sovrappeso. L'immagine femminile in particolare, proposta in tutti i campi, allo stato attuale risponde a canoni opposti alle caratteristiche delle donne in sovrappeso o peggio ancora obese. Questo fa sì che esista in queste persone un'aspettativa legata al dimagramento assolutamente discordante rispetto alla classe medica. Questa infatti punta a ridurre i problemi di salute derivanti da tale condizione, mentre l'aspettativa femminile è senz'altro più di tipo estetico a prescindere dalla salute di cui a volte poco ci si rende conto.
Come accennato, malgrado in Italia la legge non ammetta discriminazioni di sorta nel campo del lavoro, l'esperienza di tutti i giorni ci dice l'esatto contrario.
Contrariamente ai portatori di handicap per esempio, ritenuti dalla società non colpevoli della loro condizione e quindi ovviamentegiustificati ed aiutati, la persona obesa viene ritenuta responsabile e si ritiene essa stessa responsabile della propria condizione e dell'impossibilità a modificarla e come tale viene penalizzata e si auto-penalizza. Molti obesi, infatti, vivono in una condizione di perenne frustrazione e di scarsa considerazione di se stessa che li porta spesso ad una situazione personale sempre più compromessa. Ciò si ripercuote naturalmente su tutti i campi di interesse della vita e spesso anche su quello sentimentale in cui questa persona si sente quasi "non competitiva", incapace di suscitare interesse e di poter incontrare l'attenzione del sesso opposto, tendendo a chiudersi sempre più in se stessa fino a condurre una vita ritirata al di fuori di sguardi indiscreti e quindi, in definitiva, di possibili ulteriori rifiuti e penalizzazioni.
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